Tutto sul Parkinson
A cura di: Tommaso Schirinzi e Nicola Modugno
Sport e malattia di Parkinson
Il rapporto tra SPORT e Malattia di Parkinson è sicuramente sfaccettato, ma allo stesso modo stretto o connaturato, a prescindere da alcune apparenti contraddizioni.
Il sempre più decantato miglioramento clinico o, addirittura, i tentativi di frenare la progressione neuropatologica della malattia di Parkinson mediante l’esercizio fisico, sembrano quasi scontrarsi con alcuni report, autorevoli e recenti, che misurano una aumentata frequenza di malattia di Parkinson in talune categorie di sportivi professionisti. D’altra parte, tutti ricordiamo Muhammad Ali, leggenda della boxe degli anni ‘60-’70, che, a 42 anni, sviluppa una malattia di Parkinson, tradizionalmente posta in relazione alla sua attività di pugile. Aldilà di questa emblematica e storica vicenda, è dimostrato come la malattia di Parkinson possa spesso interessare ex atleti del rugby, del calcio, dell’hockey, del football americano, della boxe e delle arti marziali. Tuttavia, il nesso causale che unisce questi sport alla malattia di Parkinson è da ricercarsi, piuttosto, nella maggiore frequenza di trauma cranico che caratterizza i cosiddetti sport da contatto. Il ripetersi di traumi cranici, anche minori, tipico di questi sport, infatti, può indurre delle alterazioni in alcune proteine neuronali che, a loro volta, possono innescare i processi molecolari alla base della neurodegenerazione. Lo svolgimento di esercizio fisico, invece, ha un’azione protettiva e riduce il rischio di malattia di Parkinson.
Quest’associazione virtuosa tra la pratica di regolare esercizio fisico e la ridotta possibilità di malattia di Parkinson emerge da molti studi epidemiologici ed è stata chiarita, dal punto di vista dei meccanismi neurobiologici sottostanti, dall’analisi dei modelli sperimentali. In particolare, è stato provato come, forzando gli animali di laboratorio a regimi di attività fisica sostenuta, questi possano manifestare una resistenza maggiore agli insulti tossici per le cellule dopaminergiche della Sostanza Nera, oppure possano sviluppare una trasmissione dopaminergica più efficace e robusta, in grado di compensare il deficit di dopamina proprio della malattia di Parkinson. D’altra parte, l’esercizio fisico regolare incide anche sul sistema cardiovascolare, promuovendo una migliore circolazione cerebrale e riducendo il contributo peggiorativo dei fattori di rischio cardiovascolari (es. diabete, ipertensione, dislipidemia) sull’esordio e la progressione clinico-patologica della malattia di Parkinson; agisce inoltre a livello sistemico, attenuando delle componenti di infiammazione o stress ossidativo (ovvero, i principali determinanti dell’invecchiamento); influenza, infine, alcuni assi neuropsicoendocrini che trasformano la sensazione di benessere liberata dalla pratica sportiva in segnali molecolari di neuroprotezione.
Molto recentemente, alcuni ricercatori hanno finalmente dimostrato come, anche nell’uomo, l’esercizio fisico regolare possa migliorare i disturbi clinici della malattia di Parkinson e, addirittura, temperare l’evoluzione neuropatologica della malattia. In particolare, nello studio “Park-in-Shape”, condotto da colleghi olandesi, è stato osservato che le persone con malattia di Parkinson moderata, che praticavano per un periodo di 6 mesi, 30-45 minuti di esercizio fisico aerobico (pedalata) per 3 volte a settimana, sviluppavano nel tempo un aumento più contenuto dei disturbi motori rispetto ad un gruppo di controllo sottoposto a soli esercizi di stretching e rilassamento, nel quale, invece, il peggioramento era più marcato. Tale beneficio era supportato da una serie di adattamenti cerebrali allo sport, come alcune indagini di neuroimaging avanzato hanno permesso di stabilire. Infatti, nel gruppo più allenato, le connessioni neuronali a livello dei circuiti sensori-motori, il trofismo e la vitalità del cervello in toto, e la trasmissione in alcune reti deputate a funzioni cognitive erano complessivamente migliori, confermando definitivamente come l’esercizio fisico aerobico, svolto con assiduità e continuità, induca dei cambiamenti morfo-funzionali nel cervello, utili a contrastare la progressione della malattia ed il peso dei disturbi annessi.
In generale, è noto che la pratica di regolare esercizio fisico, ha un buon impatto su molti aspetti della vita della persona con malattia di Parkinson, che includono la sfera emotiva o delle funzioni psichiche, limando anche il rischio di declino cognitivo nel tempo, mediante l’attivazione di processi cellulari inibenti la formazione delle placche di beta-amiloide, che rappresentano il substrato neuropatologico della demenza.
Lo sport può certamente contribuire al benessere globale della persona con malattia di Parkinson. Durante l’emergenza pandemica, infatti, molte persone con malattia di Parkinson hanno sperimentato strategie di resilienza, praticando attività sportiva in modo ludico o assistito dalle tecnologie o piattaforme web, sopperendo alle chiusure di palestre e centri riabilitativi e opponendosi a un inevitabile peggioramento che ha, invece, interessato molti di coloro rimasti fermi.
Come scegliere che tipo di attività motoria fa per me?
La persona con malattia di Parkinson non deve scegliere l’attività motoria o sportiva in modo casuale; è necessario, invece, che sia sempre indirizzata e guidata dal team neurologico che la affianca. Inoltre è indicato che si sottoponga preliminarmente a visita medico-sportiva, in modo da stabilirne l’idoneità. Nonostante gli sforzi della comunità scientifica, il programma di allenamento ideale per una persona con malattia di Parkinson, in termini di frequenza, intensità, tempo, tipo (FITT), e stadio di malattia, non è stato ancora definito.
Tuttavia, è noto che l'esercizio fisico ad alta intensità ed un lungo periodo di pratica sono associati a maggiori benefici rispetto ad esercizi a bassa intensità e di durata media o breve. È importante, inoltre, che si combinino esercizi di mobilità, deambulazione e allenamento dell’equilibrio, terapia occupazionale, esercizi di guida, attività aerobiche a gradi crescenti d’intensità e di resistenza. Perché l'allenamento sia efficace, poi, i diversi gruppi muscolari devono svolgere varie attività; allo stesso modo, sono di primaria importanza la supervisione e la motivazione durante l’esercizio. Un protocollo di allenamento efficace, che garantisca una persistenza duratura dei benefici su resistenza, flessibilità e salute in generale, dovrebbe combinare molteplici modalità di esercizio da eseguire regolarmente durante la settimana e per un tempo lungo, sempre in associazione ad un monitoraggio clinico assiduo, con specifiche valutazioni e test da sforzo, ed adeguamenti puntuali dello schema di allenamento e della cura ai cambiamenti ed alla progressione della malattia di Parkinson. Un nodo centrale è integrare esercizio fisico e terapia farmacologica per massimizzarne i reciproci benefici nel tempo ed eventualmente contrastare le complicanze a lungo termine dei farmaci. Ad esempio, è stato osservato che, sebbene l’esercizio non modifichi sensibilmente l’efficacia della terapia farmacologica, i miglioramenti indotti dall’attività fisica siano maggiori se svolta durante le fasi “ON”, ovvero nel periodo di effetto clinico dei farmaci, quando il movimento è libero e fluido, anziché durante le fasi "OFF", ovvero quando riemergono lentezza e difficoltà motorie per l’esaurimento della dose di farmaco. Per quanto utile, l’attività fisica non è in grado di sostituire la terapia farmacologica dopaminergica; tuttavia, in un approccio terapeutico globale e moderno alla persona con malattia di Parkinson non si può prescindere dall’integrazione della terapia fisica e della pratica di esercizio fisico e sport, sia per i noti benefici sugli aspetti motori che per quelli potenziali su funzioni cognitive, attività della vita quotidiana, qualità di vita complessiva, e variabili psicosociali.
Infine, va riconosciuta l’importante fioritura d’iniziative di sport collettivo, da parte delle associazioni di pazienti, di gruppi spontanei, o di società scientifiche (quali Accademia Limpe-Dismov e Fondazione Limpe per il Parkinson Onlus), con l’organizzazione di giornate tematiche che consentono di diffondere la pratica di esercizio fisico e di avvicinare le persone con malattia di Parkinson, fornendo occasioni di condivisione e sensibilizzazione individuale e sociale. Tra queste, è possibile menzionare la “Sail 4 Parkinson” (S4P), un’iniziativa nata nel 2016, che si propone di far vivere un’esperienza performante dal punto di vista cognitivo, psichico ed emozionale, alle persone con malattia di Parkinson, attraverso il lavoro teatrale, musicale e le attività sportive in uno scenario di natura meravigliosa e incontaminata. In particolare, la S4P ha portato le persone con malattia di Parkinson a confrontarsi con il mare, la vela, il S.U.P (standing up paddling), e la canoa, fornendo, inoltre un’esperienza di co-housing tra persone di varia età, provenienza e ruolo. È stata scelta la vela poiché quest’attività sembra un ottimo paradigma di riabilitazione. Infatti, la vela necessita sia di una fase di studio ed apprendimento, sia di un momento di pratica ed allenamento, entrambi finalizzati a migliorare continuamente la propria performance e quella della barca. In particolare, la pratica della vela prevede lo svolgimento di un allenamento fisico a terra, che educa le persone al controllo dei movimenti, all’inibizione delle azioni non necessarie e alla resistenza alla fatica, fornendo quelle strategie psicomotorie da esportare ad un contesto realistico, così come è atteso da qualsiasi protocollo di riabilitazione.
Un valore diverso ha, invece, la “Swim for Parkinson”, iniziativa più nuova, in cui persone con malattia di Parkinson, familiari e medici si cimentano insieme nella traversata dello stretto di Messina a nuoto, offrendo dimostrazione di come uno sforzo congiunto di figure diverse possa contribuire a superare le difficoltà e a raggiungere una meta sicura. D’altra parte, la preparazione necessaria al superamento della prova, incrementa e motiva alla pratica di esercizio fisico, con tutti i benefici connessi.